Secondo l’Indice globale degli SDG 2020, la Cina si colloca al 48° posto su 166 Paesi in termini di SDG performance, con un punteggio di 73,9. A livello nazionale, questo risultato suggerisce una capacità di bilanciare i diversi aspetti dello sviluppo, sfruttandone le sinergie e riducendo i compromessi. Tuttavia, la forte eterogeneità nel livello e nel tipo di sviluppo sostenibile sperimentato dalle province cinesi richiede ulteriori approfondimenti sull’interazione tra i diversi aspetti dello sviluppo e le politiche subnazionali. Nel paper “China’s subnational policies and the performance of provinces towards meeting the UN’s Sustainable Development Goals” – scritto da Mario Biggeri, direttore scientifico di ARCO, Luca Bortolotti, Università di Torino, Andrea Ferrannini, coordinatore dell’Unità di Sviluppo Locale, e Donatella Saccone, Università di Scienze Gastronomiche, e pubblicato in Regional Studies, Regional Sciences (2023, vol.10) – indaga i progressi delle province cinesi nella localizzazione degli SDG per far luce sulle disuguaglianze locali esistenti e sui compromessi tra gli obiettivi e, quindi, tra l’ambiente e le altre dimensioni dello sviluppo economico e sociale.
La localizzazione degli SDG è un elemento chiave sia in termini di strategie per la transizione verso la sostenibilità che di analisi delle diverse dinamiche subnazionali dei processi di sviluppo sostenibile. La localizzazione degli SDG è infatti concepita come il processo di trasformazione degli SDG in realtà a livello locale, in coerenza con i quadri nazionali e in linea con le priorità delle comunità. Localizzare gli SDG significa quindi porre i territori e le comunità al centro dello sviluppo sostenibile, un processo bidirezionale in cui il locale incontra il nazionale e il globale, e viceversa.
In questo contesto, la Cina ha ottenuto un’attenzione crescente in virtù dei suoi impressionanti risultati socio-economici, che l’hanno portata ad una trasformazione rapida ma disuguale. La povertà monetaria si è ridotta drasticamente, ma il progresso complessivo non è sempre stato armonioso o sostenibile a causa dell’aumento delle disuguaglianze, dell’inquinamento ambientale e delle forti disparità provinciali. Per far fronte a questo, i responsabili politici cinesi, consapevoli degli squilibri economici e sociali interni, nell’ultimo decennio hanno proposto strategie politiche orientate a uno sviluppo più sostenibile dal punto di vista ambientale e hanno cercato di rafforzare l’impegno del Paese nei confronti dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, mobilitando risorse a livello nazionale e subnazionale.
La Cina registra così punteggi abbastanza simili tra i diversi obiettivi; per questo motivo, gli indici che penalizzano l’eterogeneità tra gli obiettivi (attraverso metodi di aggregazione non compensativi) assegnano alla Cina un posizionamento ancora più alto. L’indice di Sviluppo Sostenibile Integrato (ISD) è stato introdotto per ottenere una misura comparabile dei risultati raggiunti dall’Agenda 2030 a livello subnazionale, in modo da cogliere pienamente la natura integrata dello sviluppo sostenibile e tiene conto delle sinergie e dei compromessi tra le sue componenti. I valori dell’indice ISD sono poi utilizzati in analisi cluster, di convergenza e analisi econometriche per esplorare le caratteristiche dello sviluppo sostenibile a livello provinciale tra il 2015 e il 2019 e le relative sinergie e trade-off.
I risultati di questo studio sono rilevanti sia per i ricercatori che per i decisori politici. A livello accademico, questo studio offre un metodo per aggregare le performance degli SDG a livello subnazionale e confrontarle nel tempo e con altri Paesi. A livello di policymakers, fornisce una migliore comprensione di come le politiche esistenti in Cina possano influenzare positivamente o negativamente il raggiungimento dei vari SDG e offre strumenti di monitoraggio per modellare le politiche a livello nazionale e provinciale, in linea con la visione dell’Agenda 2030 per il miglioramento dell’umanità e del suo futuro comune.
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